Arte Africana                                                                     www.africarte.it

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Dogon  (Dogo-Dogom-Habbe-Habe-Kado-Kaddo-Kibisi-Tombo)

- Mali -

 

 

DOGON - Cod.001 -  cm  h68 x L21 x p21                                      DOGON - Cod.002 -  cm  h101 x L34 x p31                                      DOGON - Cod.003 -  cm   h170 x L23 x p36

 

 

DOGON - Cod.004 -  cm  h66 x L23 x p48                                      DOGON - Cod.005 -  cm  h24,8  x diametro 19,4                                      DOGON - Cod.006 -  cm  h75 x L18 x p28

 

 

DOGON - Cod.007 -  cm  h70 x L21 x p21                                      DOGON - Cod.008 -  cm  h74 x L13 x p25                                      DOGON - Cod.009 -  cm  h68 x L15,5 x p15

 

 

DOGON - Cod.010  -  cm   h56,5 x L23,5 x p13                                       DOGON - Cod.011 -  cm  h49 x L6 x p8                                      DOGON - Cod.012  -  cm  h62 x L22 x p15

 

 

DOGON - Cod.013 -  cm  h35 x L7 x p7,4                                     DOGON - Cod.014  -  cm  h100 x L56 x p19                                     DOGON - Cod.015 -   cm  h71 x L44 x p5

 

 

DOGON - Cod.016  -  cm  h58 x L21 x p16                                      DOGON - Cod.017 -   cm  h38 x L7 x p7                                     DOGON - Cod.018  -  cm  h29 x L13,5 x p11,5

 

 

DOGON - Cod.019  -  cm  h45 x L18 x p20                                    DOGON - Cod.020 -  cm  h77 x L18 x p30                                    DOGON - Cod.021  -  cm  h31 x L14 x p15

 

 

DOGON - Cod.022  -  cm  h61 x L19 x p15                                     DOGON - Cod.023 -  cm  h66,5 x L14,5 x p17                                     DOGON - Cod.024  -  cm  h61 x L15 x p12

 

 

DOGON - Cod.025  -  cm  h86 x L27 x p20                                     DOGON - Cod.026 -   cm  h71 x L13 x p13                                    DOGON - Cod.027  -  cm  h36 x L17 x p13

 

 

DOGON - Cod.028  -  cm  h57 x L17 x p12                                   DOGON - Cod.029  -  cm   h40 x L18 x p14                                   DOGON - Cod.030  -  cm  h44 x L20 x p14

 

 

DOGON - Cod.031 -  cm  h35 x L8 x p9                                     DOGON - Cod.032  -  cm  h33 x L17,5 x p13                                     DOGON - Cod.033  -  cm  h67,5 x L10 x p11

 

 

DOGON - Cod.034  -  cm  h66 x L16 x p20                                 DOGON - Cod.035  -   cm  h22,4 x L5,6 x p9,2                                 DOGON - Cod.036  -  cm   h83 x L17 x p12

 

 

DOGON - Cod.037  -  cm  h60 x L26 x p15                                       DOGON - Cod.038  -  cm  h11 x L17 x p6

 

 

DOGON - Cod.039  -  cm  h8,5 x L4 x p4                               DOGON - Cod.040  -  cm  h38 x L19 x p14                                  DOGON - Cod.041  -   cm   h80 x L17 x p17

 

 

 DOGON - Cod.042  -  cm   h51 x L9,5 x p11,5                                    DOGON - Cod.043  -  cm   h31 x L14,5 x p16,5                                  DOGON - Cod.044  -  cm  h28 x L19,5 x p14

 

 

 DOGON - Cod.045  -  cm   h56 x L12 x p13                                    DOGON - Cod.046  -  cm  h58 x L13 x p13                                    DOGON - Cod.047  -  cm  h32 x L14 x p8

 

 

 DOGON - Cod.048  -  cm  h100 x L21 x p26                                    DOGON - Cod.049  -  cm  h72 x L18 x p17                                    DOGON - Cod.050  -  cm   h88 x L16 x p16 

 

 

 DOGON - Cod.051  -  cm   h92 x L20 x p20                   DOGON - Cod.052  -  cm  h40 x L15 x p8                  DOGON - Cod.053  -  cm  h18 x L33 x p10

 

 

DOGON - Cod.054  -  cm   h90 x L20 x p20                                  DOGON - Cod.055  -  cm   h45 x L19 x p16                                 DOGON - Cod.056  -  cm  h113 x L65 x p20

 

 


 

 

Dogon  Arte:  di Georges Balandier, ordinario alla Sorbona; direttore dell'Ecole pratique des Hautes Etudes, Paris.

 

   "Capita a volte che un popolo cosiddetto arcaico venga sfruttato in maniera scientificamente regolata: è il caso dei Dogon (o Habbè) che vivono sulle rupi di Bandiagara, all'interno della grande curva del basso Niger. Isolati in questa regione il cui accesso risultò difficile per molti secoli, essi furono tolti dal loro isolamento da così tante campagne etnografiche che finirono per fare dell'etnografia un'industria locale. I Dogon detengono, insieme a qualche altro popolo africano ugualmente "derelitto", i documenti della più antica civiltà negra finora conosciuta. La loro mitologia, ben inventariata, è singolarmente ricca, e possiede l'indispensabile sistema di referenze per chi voglia cogliere il pensiero simbologico dogon nelle sue differenti manifestazioni. L'arte è una di esse: imprime il marchio su ogni oggetto ( anche umile , come la borraccia del capraio o uno zoccolo di legno) e governa in parte gli atti più importanti. Il simbolo e l'esigenza sacrale sono all'origine e al principio di tutte le opere d'arte: dipinte, scolpite o forgiate. Gli oggetti di uso corrente sono coperti di segni che implicano una certa cultura e hanno una "architettura"  d'insieme che spinge ad apprezzarli almeno da un punto di vista estetico. Le porte o gli sportelli dei granai sono decorati con personaggi scolpiti, disposti in fila, dello stesso stile delle statuette richieste dal culto ancestrale. Le serrature di legno scolpito possono essere formate da due personaggi che evocano la coppia primordiale, l'associazione del principio maschile e femminile, il dualismo creatore dell'ordine e del disordine. Le coppe di legno dal basamento arcuato - semplici quando si tratta di vasi di gala, doppie quando servono per l'insediamento di un capo - hanno un coperchio sormontato da un cavaliere, da una figura seduta o senza tronco. Questi recipienti sono apprezzabili sia per la bellezza della loro forma, sia per la curiosità che suscitano di conoscerne il significato riposto, il significato per esempio dei numeri e dei segni che portano sulla pancia, nel cerchio del coperchio o nello zoccolo e ciò che significa il personaggio scolpito. Le statue antropomorfe, alcune delle quali possono misurare più di un metro di altezza, sono essenzialmente associate al culto ancestrale. Esse rappresentano ora una coppia, ora un ermafrodita, ora un personaggio con le braccia alzate in attitudine implorante, e sono conservate in depositi, al riparo di tettoiette di roccia, vicino al vasellame destinato a raccogliere le libagioni dedicate ai mani degli antenati. Poche opere dell'arte africana rivelano una tale nudità formale, una tale severità d'aspetto, in contrasto con una innegabile ricchezza di significato. Ogni tratto realistico semplicemente descrittivo è escluso. La testa e il tronco dai contorni angolosi si contrappongono a superfici piane e curve: queste ultime portano tracce di segni delicati che evocano elementi del viso e del corpo e suggeriscono tatuaggi o gioielli. La testa, che insiste su di un corpo massiccio, esprime meglio di tutto le esigenze dello scultore: il cranio dà l'impressione di una capigliatura avviluppante a criniera, l'orecchio è spesso storto, l'occhio a forma di losanga occupa la metà della guancia, il profilo aguzzo del viso si prolunga in una corta barba; quanto agli ornamenti resi con tratti sottili, possono riferirsi tanto a un simbolismo geometrico quanto a una convenzione estetica. Le maschere, attributo della società maschile alla quale veniva imposto un vero e proprio servizio obbligatorio, hanno avuto presso i Dogon un ruolo molto importante: in occasione della grande festa del Sigi, che si ripeteva ogni sessantanni con un fasto incredibile, durante i funerali degli uomini, quando era il momento di abbandonare il lutto, nel corso dei rituali dedicati alla semina e alla mietitura. Oggi la funzione sociale delle maschere si è impoverita e la loro qualità è in declino, ma in esse albergano i sostrati di una cultura e di un sistema di conoscenze che esse palesano appieno proprio nel corso del loro evolvere. Sono tuttora conservate fuori dal villaggio, presso la "madre delle maschere" - un viso umano allungato e sinuoso tratto da una tavola di legno dipinta, lunga una decina di metri al quale il mito conferisce tutta una storia - e i costumi di fibra. Le maschere Dogon sono fatte di corteccia (un solo tipo), di fibre intrecciate guarnite di conchigliette, o in legno. Queste ultime posseggono uno stile facile da identificare: sono tagliate in un piano verticale, il naso divide il viso in due, e due aperture triangolari rappresentano gli occhi. Sono coperte da decorazioni dipinte: macchie e triangoli rossi, neri e bianchi. La maggior parte delle maschere Dogon include significati molteplici, non sempre di facile lettura. Eccone qualche esempio: tipi sociali ( la vecchia o il brigante), animali ( lepri, scimmie, antilopi, iene, ecc.) e infine "geni". Arrivano anche più in là, a una sapienza più segreta: la maschera cosiddetta a ripiani ricorda, nella sua struttura, i sette cicli dell'universo, le acque ancestrali primordiali, la divisione del tempo; la sua coreografia raffigura il corso del sole. La Kanaga rappresenta il gesto del demiurgo nell'istante in cui crea il mondo, ma allude anche alle sette danze che costituirono il lavoro iniziale del creatore. L'arte Dogon, oltre che essere piacevole, opera prima di tutto come portatrice di conoscenze e creatrice efficace nell'ordine delle pratiche ultramondane, soprattutto nel campo liturgico e dell'azione religiosa. Le popolazioni che non praticano la scrittura come noi la intendiamo e non affidano la tradizione dei loro eventi ad archivi scolpiscono e tracciano così le forme e i segni che per loro tengono luogo di libri sacri e di "cronache".

(Dictionnaire universel de l'Art et des Artistes; Fernand Hazan, 1967-1968, Paris)


Credo che nulla possa essere aggiunto a quanto il Balandier ha scritto sull'arte Dogon, anche se sono trascorsi trentacinque anni e se, nel frattempo, sono state rinvenute altre opere d'arte che certamente arricchiscono le conoscenze, perché nell'analisi dettagliata possiamo leggere le basi della cultura e della civiltà di questo splendido popolo incontaminato fino a qualche decennio fa. Purtroppo oggi, in pieno consumismo, si sta estinguendo la tradizione, e la spregiudicatezza ne sta usurpando il posto, il ruolo ed il significato, producendo "patacche per turisti", pieni, in modo assolutamente maniacale, di superficialità e di evanescenti desideri di possesso. (Marcello Lattari)

 

 


 

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