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Monoliti ancestrali Ikom
I monoliti degli Ejagham del Nord-est sono stati segnalati per la prima
volta da un ufficiale britannico, Charles Partridge, all’inizio del XX
secolo. Nel 1905 nel suo libro “Cross River Natives”, pubblica due foto
in sito di pietre nella posizione eretta; una presa nel villaggio di
Agba, l’altra nel villaggio di Obubra.
Nel 1968 un altro ufficiale britannico, Philip Allison, nel suo libro
“Cross River Monolithes” pubblica 300 monoliti ripartiti in ventinove
siti in villaggi abbandonati o ancora abitati.
I monoliti di Ikom sono composti da un gruppo di di circa trecento
enigmatiche sculture situate a nord-est del villaggio di Ikom, in una
regione occupata da cinque gruppi di Ekoi del Nord. Sono delle pietre
erette sul terreno ed alte mediamente 95 cm. e 1.5 mt.
Sculture di questo genere, la cui esistenza è nota da un secolo, sono
chiamate Akwanshi ( letteralmente “Morti nel suolo”).
Si conviene che rappresentino figure ancestrali e sacerdotali alle quali
fino a poco tempo fa venivano fatte offerte votive annuali. La notevole
varietà di stili che si possono distinguere fra le Akwanshi va messa in
rapporto col fatto che esse sono state prodotte in un lasso di tempo
compreso tra il XVI ed il XX secolo, in un territorio che ha visto
l’alterno prevalere di diverse etnie in lotta fra loro (con ogni
probabilità gli antenati degli attuali Ekoi rispetto ai quali gli
Ejagham costituiscono un sottogruppo).
Secondo Allison questi monoliti erano disposti in cerchi più o meno
perfetti, isolati o a gruppi, nelle aree del villaggio dove si
svilupparono le attività comunitarie. La definizione data da Allison,
“Pietra degli Akwanshi”, non è del tutto veritiera. In realtà il termine
Akwanshi è utilizzato dal sotto-clan Nta solo per segnalare le piccole
pietre non scolpite, alte circa 8 e 16 cm. messe in fila davanti i
recinti delle varie famiglie o all’interno dei cerchi formati dalle
pietre scolpite per rappresentare le anime dei defunti. Il termine
utilizzato correntemente da tutti i sotto-clan per indicare le pietre
scolpite è Atal. Anche la zona geografica Cross River o Ikom
precedentemente presa in considerazione, appare imprecisa e vaga poiché
le pietre sono state trovate su una superficie abbastanza ridotta e ben
circoscritta all’interno del clan Bakor. Si suppone che queste pietre
scolpite rappresentino una figura leggendaria o storica o anche
l’emblema di una società segreta. Ogni anno con l’arrivo dei primi
raccolti dei prodotti della terra, in particolare quella dell’igname,
questi monoliti venivano pitturati di colore bianco, giallo e blu e
venivano nutriti con l’igname pestato e mescolato ad olio di palma.
Venivano bagnati con vino di palma e acqua, chiedendo ad alta voce la
loro benedizione e la protezione per tutti i membri della comunità.
Queste pietre erano interrate fino all’ombelico.
english
Ancestral Monoliths of Ikom
The first mention of Ejagham monoliths sighted in North-East Nigeria
dates back to the turn of the 20th Century, when reproductions of two
photographs of tall, vertical stone slabs, one taken on site in the
village of Agba and the other in the village Obub, appeared in a book
published by an officer of the British Administration, Charles Partridge,
titled Cross River Natives (1905).
We owe the next documentation of such sightings to yet another British
officer, Philip Allison, whose 1968 book titled Cross River Monoliths
shows 300 vertical stones observed in 29 inhabited or abandoned villages.
The singular sculptures known as Ikom monoliths stand to the North-East
of the village of Ikom, in a region now occupied by five Northern Ekoi
clans. The vertical stones are between 95 and 150 cm high. Some have
been planted in the ground up to their navel.
These carvings are generally known as Akwanshi (literally “dead person
in the ground”) and are held to represent figures of ancestors and high
priests. The stones may also portray legendary or historical figures, or
perhaps secret society emblems.
The cult – honored with votive offerings - continued to thrive until
fairly recently. At the first annual harvest of local crops –
particularly of ignam – the monoliths were painted white, yellow and
blue, anointed with crushed ignam mixed with palm oil and then doused
with palm wine and water the idols were loudly invoked to bless and
protect all community members.
Akwanshi monoliths are found in a wide variety of styles, probably the
effect of the continued production of stones between the XVI and the XX
Century as well as the persistent tribal strife that prevailed in the
area, which resulted in the alternate domination of different ethnic
groups (including, in all likelihood, ancestors of the current Ekoi and
their sub-group, the Ejagham).
Allison reports that the monoliths were often arranged in a more or less
perfect circle, one or more of which occupied an open area at the center
of the village. Allison’s name for these stones, Akwanshi, is not quite
accurate as this Nta sub-clan term is only used by them to designate
small, uncarved stones (no higher than 8 to 16 cm) representing the
souls of the deceased, generally aligned in front of family enclosures
or within a circle of carved monoliths. The term commonly used by all
sub-clans to define tall, carved stones is Atal. Another debatable
attribution is the designation of their geographical provenance as Cross
River or Ikom as the monoliths were actually discovered within a rather
small area settled by the Bakor clan.
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