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PENDE: ikhoko mbuya mask

 

 

 

 

                                                           

 

Maschera facciale  " Ikhoko - Mbuya: Fumu o Phumbu? " - Pende : Regione centrale del Kwilu, D.R. Congo

Legno chiaro semiduro, tracce di pigmenti neri, patina d'uso. Dimensioni: cm h 39 x L 26,5 x p 9 (nelle foto in dimensione reale)

Le maschere sono gli oggetti d'arte più interessanti prodotte dal popolo Pende......così abbiamo iniziato a descrivere la maschera "Mbuya" nel Febbraio 2005 , descrizione che consigliamo di rileggere per meglio inquadrare l'enorme uso di tale maschera presso il popolo dei Pende. Prima di proseguire nell'analisi dell'opera, riproduciamo una piccola immagine:

immagine di un pendente Ikhoko in avorio conservato nel Museo Tervuren del Belgio.

I pendenti Ikhoko, quasi tutti originari della regione dello stile Katundu, sono copie miniaturizzate in avorio, o più raramente in legno, di certe maschere Mbuya. Queste ultime, come abbiamo già visto, sono maschere in legno decorate con rafia che, nei tempi passati, avrebbero partecipato a danze collegate ad una varietà di rituali od occasioni di festa, in modo notevole durante la chiusura del rito di circoncisione, mukanda. La loro apparizione nella danza segnava la fine del periodo d'isolamento nella boscaglia dei giovani maschi ed il loro ritorno alla normale vita del villaggio come adulti pienamente capaci. Benché le maschere fossero riservate agli uomini, le donne ed i bambini assistevano alle loro danze. Attualmente queste maschere partecipano principalmente ad altre celebrazioni più profane.

Ci sono dozzine di tipi diversi di maschere Mbuya: ognuna rappresenta un particolare carattere, col proprio costume e le proprie danze specifiche, in un particolare rito. Il clown, lo stregone, il matto, il cacciatore, il dispensatore di giustizia, il capo, sua moglie, la civetta e l'indovino: questi sono alcuni dei classici "personaggi" un tempo incarnati dalle maschere Mbuya, descritte da De Sousberghe nel suo impareggiabile lavoro sull'arte dei Pende. Certi tipi sono scomparsi nel corso del tempo, mentre nuovi personaggi hanno fatto la loro apparizione. Ogni giorno nascono nuovi passi di danza, ritmi e canti, per i quali sono poi creati originali tipi di maschere. Molte maschere nello stile Katundu, nelle collezioni occidentali, possono essere raggruppate in tre tipi morfologici: maschere con il mento prolungato, con copricapo appuntito - incluse figure femminili che portano altre acconciature - e maschere che mostrano deformità o asimmetrie.

Secondo Mudiji, il rito della circoncisione (mukanda) e le maschere che appartengono alla categoria delle mahamba, sono "quegli oggetti, riti, iniziazioni e culti tramandati ai clan dagli antenati". Numerosi autori confermano questo punto (Delaere, De Sousberghe). In questo senso le maschere di fibre minganji, che frequentano il campo della circoncisione - ed, in altra misura, le maschere Mbuya che appaiono durante le celebrazioni di chiusura della mukanda - sono oggetti rituali che traggono il loro potere e la loro efficacia dal mondo soprannaturale degli antenati. Per esempio un bambino poteva rischiare di essere colpito se una maschera, che in tempi passati era stata di proprietà di uno dei suoi antenati, era stata in seguito trascurata o dimenticata da altri membri della famiglia. De Sousberghe, mentre sottolinea l'importante status rituale della minganji, asserisce tuttavia che le maschere Mbuya rappresentano una potenziale minaccia verso coloro che le hanno scolpite o conservate, ed anche verso i loro parenti prossimi. La funzione dei pendenti Ikhoko era di proteggere tali individui. De Sousberghe aggiunge che certe maschere intervenivano durante i riti di guarigione e che questi esemplari sarebbero stati riprodotti in miniatura a forma di pendenti.

Nell'ultima categoria c'erano maschere Kiwojo, Muyombo e Kinjinga, provviste di barba di legno; maschere con un lungo copricapo a punte - Fumu e Phumbu - rappresentanti il capo ed il dispensatore di giustizia; infine la maschera conosciuta come Pota. Mudiji, citando Ndambi, suggerisce che questa ultima maschera rappresenta una "tarda primipara", simbolo di vittoria sulla sterilità. Per le maschere con estensione del mento, che De Sousberghe associa alla caccia collettiva abbinata alla mietitura del miglio, Mudiji faceva una distinzione tra Muyombo, antenato protettivo del gruppo, e Giwojo, un benevolo e protettivo antenato che appare solo al tramonto ed in disparte dagli spettatori. Inoltre egli definiva Phumba più come un guerriero o signore della guerra che come un carnefice. Nonostante questi pochi dettagli, la lista che Mudiji dava delle sei maschere della guarigione, soggette ad essere riprodotte come pendenti, coincide con quella del De Souberghe. Una di queste, in formato naturale e di legno, appariva in certe sessioni di guarigione, particolarmente quando una malattia era stata causata da una trasgressione a proibizioni legate alla mukanda. In seguito, la persona affetta, avrebbe indossato una Ikhoko di quella maschera: lo scopo era di prolungare l'effetto curativo del rituale.

Secondo una delle informazioni di Mudiji, tali pendenti giocano anche un ruolo durante la trasmissione del potere: "Capi, funzionari (tuphungu) e legittimi eredi del potere, al momento del conferimento della giusta successione (gu-sudiga muya) indossano la gikhokho ed è osservata l'astinenza sessuale". Un'altra notizia aggiunge: " Colui che riceve la gikhokho da un antenato, riceve il principio vitale chiamato givule (spirito). La miniatura in avorio prima mostrata è una replica della maschera del capo o del dispensatore di giustizia (o guerriero), riconoscibile dalla corona dentata alla sommità. Questa forma è la stilizzazione dell'acconciatura di rafia annerita ed a punta, indossata da due maschere: Fumu e Phumbu la cui distinzione è molto difficoltosa.

Alla luce di quanto su esposto, la maschera della nostra collezione risulta essere un archetipo ligneo dei pendenti in avorio Ikhoko e certamente, ritualmente, potrebbe essere stata la matrice di un qualsiasi evento legato ad una circostanza di guarigione, di potere o di giustizia. Sia essa una Fumu oppure una Phumbu, porta in sé una grande dose di significati nascosti, interdetti a tutti i profani, e resta sempre a disposizione di chi vuole studiarne la stupefacente e potente essenza magnetica pur se non facilmente visibile nell'aspetto dolce ed oltremodo ieratico del volto.

Marcello Lattari

 

(Testo tratto in parte anche da: MASTERPIECES FROM CENTRAL AFRICA - M.H.B. pag. 156, 157 - Royal Museum for Central Africa, Tervuren and the authors - Prestel Verlag - Munich / New York, 1996 - Traduzione di Ornella Pasini)

Bibliografia:

1) L'ART AFRICAIN, Les principales ethnies de l'art africain par Francoise Stoulling-Marin, pag. 585, Citadelles & Mazenod, 1988,  Paris.

2) AFRICAN MASKS, pag. 272, n° 207-Prestel-Munich-London-New York-2002

3) MASQUES, pag.160, Musée Dapper, Ed.Dapper, 1995, Paris.

4) MASTERPIECES FROM CENTRAL AFRICA - M.H.B. pag. 156, 157 - Royal Museum for Central Africa, Tervuren and the authors - Prestel-Verlag - Munich / New York, 1996

 

 

 

 

 


 

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