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BAMBARA: kòrè suruku mask
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Maschera "Kòrè Suruku - Hyène du Kòrè" - Bamana (Bambara) : Regione di Koutiala, San e di Ségou, Mali. Legno, pigmenti, notevoli tracce d'usura, piccolo restauro tribale. Dimensioni: cm 50,2 x 20,5 x 13,5 (nella foto in dimensione reale)
Settima ed ultima società d'iniziazione bambara è " il Kòrè, costituito dalla suprema conoscenza universale, dell'intelligenza di ogni fatto avvenuto, della reale conoscenza di Dio - questo Essere temuto da tutti ma che nessuno ha mai visto o percepito, questo Signore potentissimo il quale deve annoiarsi nella sua grandezza e nella sua assoluta solitudine -". A questo livello di intendimento intellettivo d'iniziazione, la bestemmia e la satira hanno valore di catarsi spirituale. Il portatore della maschera della società, il "Kòrè Duga", "Avvoltoio del Kòrè", un autentico e reale buffone sacro, è precisamente il cantore ed allo stesso tempo l'attore della "commedia sacra" del Kòrè. Lo si riconosce molto facilmente dal suo abbigliamento ridicolo e bizzarro che è costituito da un pantalone usato, di cui una delle gambe è più lunga dell'altra, e da una vecchia rete alla quale sono appesi gli oggetti più eterocliti e stravaganti tra i più inutili e futili che possano esistere (cocci di zucca, pezzi di ferro di zappa arrugginita, stracci e cenci insozzati, macchiati e sudici, sandali usati, teste e becchi di Calao e Marabù seccati etc..etc..-Vedi fotografia in basso-) Per esercitare il suo "sacerdozio", il "Kòrè Duga" porta sul viso la maschera facciale " Kòrè Suruku - Hyène du Kòrè". Questa rappresenta la testa della Iena Mitica i cui tratti sono grossolanamente rinforzati: fronte esageratamente bombata, sormontata da un piccolo ciuffo di peli, a volte discreto ed a volte nettamente visibile, due grandi orecchie rivolte all'insù, un naso lungo ed alto, due occhi immensi detti "nyè ba fin"- grandi occhi neri - mascelle largamente divaricate con la bocca/gola sorridente e beante. Queste differenti parti della maschera simbolizzano rispettivamente l'intelligenza soprannaturale del "Kòrè Duga", la sua continua vigilanza, la sua vitalità ed il suo fiuto mai demente ed insensato, la sua visione esatta delle cose, infine la sua proverbiale ingordigia nel dominio dell'acquisizione del sapere, anziché l'abbondanza delle sue parole. Incarnando in questa maniera i "due animali mitici detentori della totalità del "sapere" del Mondo" (cioè il sapere originale, profondo, nero, notturno, misterioso ed insondabile (la iena), ed il "sapere" diurno, eclatante di luce e di verità (l'avvoltoio), il "Kòrè Duga" inforca allora il suo "destriero", tradizionalmente un bastone arcuato sulla cui estremità è fissata una testa di cavallo o di oritteropo in legno scolpito, animali ambedue che rappresentano figurativamente la diligenza dello spirito umano e contemporaneamente il divino. Il canto recita: quando il "Kòrè Duga" appare, il suo cervello - sede del pensiero del Kòrè - è composto da innumerevoli particolari che ricordano quelli della farina che, come in un turbine, si spande a profusione dal contenuto della scatola cranica. E' come dire che lo spirito del "Kòrè Duga", come i venti, soffia in tutte le direzioni. Ma questo buffone sacro non viene affatto preso sul serio, non potendo il "sapere" essere sposato da nessun cervello umano. Allora, cavalcando instancabilmente ed imperturbabilmente il suo cavallo di legno, il "Kòrè Duga", brandendo una sciabola ugualmente in legno, grida verso le quinte: " il mondo, la vita è una corsa di cavalli di steli di miglio, sui quali ognuno cavalca". Ciò significa che in questo basso mondo, dove si è spinti soltanto dalle passioni, tutto è futile. Allora con la sua sciabola taglia in due l'aria che ritiene responsabile di ogni stupidità umana nella misura in cui si favorisce il mantenimento della vita nel corpo dell'uomo che crede di essere sempre ciò che non è mai stato e non sarà mai: un maestro o un dio. La stilizzazione della Hyoena crocuta o striata non può passare inosservata nella rappresentazione scultorea di questa maschera. Si sa che l'arte del Sudan Occidentale è quella povera di linee ed alcune volte veramente ridotta all'essenziale, ma in queste pochissime linee dall'espressione artistica austera e stilisticamente zoomorfa non possiamo non apprezzare la bravura dell'artista che ha reso perfettamente l'idea non solo dell'anatomia dell'animale, ma anche del suo modo d'essere e del comportamento. La vetustà del legno e della patina trasmettono il magnetismo delle trascorse danze e dei rituali che hanno contribuito al fascino che ci viene tramandato e che si legge chiaramente anche ai tempi attuali. Marcello Lattari Bibliografia:
MASQUES, Youssouf Tata Cissé - pag. 184 - 188, Musée Dapper, Ed.Dapper, 1995, Paris -
Una fotografia della maschera completa nella sua danza
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