"IL TEMPO RITROVATO":
una mostra missionaria, non milionaria
- recensione di Marcello Lattari -
Una missione.
Ecco cos'é il significato di una splendida quanto onerosa eredità per
Fabrizio Corsi: cioé dedicare una vita intera affinché le
tradizioni e le culture dei popoli africani venissero collocate nella
loro naturale dimensione e nel giusto ruolo nell'ambito di questo
pianeta ormai sopraffatto dal diritto del più forte e vittima di una
usurpazione malamente perpetrata da una "religione plutocratica" in nome
e per conto di un non meglio identificato "progresso morale e civile". Il
"dio
denaro", decadente controfigura moderna dell'originale del tempo passato
e di Demetra progenie, Pluto, mal
interpreta il suo ruolo di anacronistico contemporaneo, soprattutto
confuso con l'immaginario di Re Mida, e, non comprendendo il
risultato della sorte che stava per subire il suo emulato ed emblematico predecessore
ed al contrario di questi non intuendo per tempo la propria futura e
prossima dannazione, finirà per
autodistruggersi ingoiando soltanto la sua stessa ingordigia.
"Per noi i
guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi
combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro.
Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri.
È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può
provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro
dell'umanità. Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto
l'ultimo albero, preso l'ultimo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo
allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle
loro banche. TATANKA IYOTANKA - TORO SEDUTO (1831
- 1890) Capo Tribù Hunkpapa Sioux (Lakota)
Questo
semplice pensiero, attribuito a Toro Seduto, spiega le rivendicazioni
che in futuro le popolazioni così dette del "terzo mondo" avranno modo
di avanzare nei confronti del "civile uomo bianco" il quale, trafugando i
manufatti della pura religione animistica e portandoli nel Tempio delle
migliori e rare mercanzie, quali le più costose e milionarie collezioni, vittime del
degenerato ed indegno erede di Mida, lucra addirittura sul "sacro della savana e
della foresta" facendo sprofondare delle pure e splendide espressioni
d'arte quali risultano i manufatti tribali, giammai vincolate da alcuna commercializzazione,
fino all'infimo e venale livello di
un folcloristico emblema nazional-popolare e di cui si approprierà con l'uso del vilissimo denaro, ancor più
copioso, alto ed immenso quanto più il feticista occidentale abbia
saputo "sapientemente" valorizzare e storicizzare tale "status symbol"
(Elemento caratteristico dell’aspetto e del comportamento - spesso
l'acquisto di un oggetto di consumo costoso o raro - che tende a
dimostrare esteriormente che il possessore ha raggiunto un
determinato status sociale e/o un livello di ricchezza personale e/o di
potere.) attraverso la migliore ed eccelsa interpretazione nonché la perfetta
esecuzione dei dettami della religione purtroppo dominante: quella
plutocratica.
Una mostra
missionaria, non milionaria: con questo azzardato sottotitolo ho voluto aggiungere
un'appendice e completare, in questo caso, la definizione di Thomas
Stearns Eliot
“Il tempo presente e il tempo
passato sono contenuti entrambi nel tempo
futuro” in riferimento non soltanto al luogo,
bensì ad ogni proponimento, lontano da qualsivoglia bramosia di
ricchezza, del collezionista Fabrizio Corsi. Basta
guardarlo mentre spiega ai giovani curiosi determinate conoscenze
acquisite nel trascorrere di tanti anni vissuti intensamente in Africa e
con quanto amore insegna i valori ancora incontaminati esistenti al di
là del superfluo. Si dice che le persone più felici non sono
necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che
traggono il meglio da ciò che hanno: è ciò che il Corsi propugna ed
offre. L'ombra della speculazione del "quantum" non lo sfiora neppure in
modo simbolico ed il suo collezionare è un rituale che si perde
nella spirale primordiale dell'assorbimento della cultura e delle tradizioni e
di poi si manifesta nel
saturarsi del ciclo vitale, quale la rigenerazione da passare, come
testimone, alle nuove e future generazioni.
Identifico il
Corsi con il guerriero di Toro Seduto e gli oggetti della sua collezione
danno un significato alla sua vita ed offrono ai visitatori il fascino
del mistero. Nel suo tempio interiore non c'é posto per i mercanti e la
sua mostra prescinde da ogni sistema lucrativo, come ogni
alta e nobile
missione. Noi mortali diamo significato al Tempo e lo definiamo
presente, passato, futuro in relazione al "finito" del nostro vivere,
quale quasi invisibile segmento della retta dell'Infinito; ma il Tempo
non è concepibile e vive al di sopra di sé stesso ed è
contemporaneamente presente, passato e futuro. Non si perde, il Tempo,
né si trova oppure si ritrova: é soltanto un modo di dire per affermare
il nostro limitato divenire, un modo decoroso per sottolineare la nostra
assoluta incapacità a possederlo oppure un illusorio e patetico sistema
inconscio adottato dall'umanità per autosuggestionarsi nell'esserne il
suo precipuo "dominus". Il Tempo inesorabile é lì, da sempre e contiene l'universo: siamo noi
mortali che ogni tanto lo perdiamo di vista. Ed il Tempo di Fabrizio
Corsi é lì, nell'espressione immutabile della sua collezione.
La Mostra "Il
Tempo Ritrovato" è veramente molto interessante e segue un percorso iniziatico
ed esoterico della vita del suo autore, quale nobile missione didattica
per dare un significato alla intercultura di tutti i popoli. Ogni sua
nuova scoperta è una conquista che, attraverso l'uso, confacente meritoriamente
a sé stesso ed al suo nobile scopo, degli spazi messi a disposizione dal Museo Africano di Verona, viene
al meglio valorizzata ed apprezzata. L'esposizione al pubblico è di per sé un
eccezionale evento
didattico: quale definizione, altresì, meriterebbero questi oggetti se
fossero "sepolti" in un sotterraneo di una banca o in una villa
"milionaria" circondata da mura e picchetti armati, da cani feroci e
dotata dei migliori sistemi di antifurto? Certamente quella definizione
che sottolineasse, in modo inconfutabile, il significato di un
accostamento e di un parallelismo con
un pacco di denaro e non con qualunque altro significato didattico.
Chiunque sia colpito o gravato dalla bramosia di ricchezza non sognerebbe mai di effettuare una
mostra esponendo i propri mazzetti di denaro e, poiché le opere o
manufatti artistici in suo possesso sono da lui considerati soltanto
alla stregua del loro valore venale, senza alcun interesse geografico,
storico, antropologico o artistico, dunque quale sarebbe la motivazione
per cui tali opere dovrebbero essere oggetto di una mostra didattica?
L'unica motivazione sarebbe quella di farne incrementare ulteriormente
il valore, in qualunque modo consentito dai notissimi dettami della
"religione plutocratica" e dunque soltanto in una progettazione ed
esecuzione di una faraonica ed oltremodo squallida mostra
milionaria.
Ma, come
dicevo, la nostra è una mostra missionaria e pertanto è
costituita da opere tribali originali che costituiscono la base
essenziale per una reale missione didattica. Per questo
siamo tutti a ringraziare e benevolmente invidiare a Fabrizio Corsi la
sua speciale conoscenza e l'immensa esperienza, ricchezze culturali
peraltro già ampiamente dimostrate anche per merito della sua ex
collezione, ora collezione Perolari, esistente nel museo E. Caffi di
Bergamo, per mezzo delle quali egli non può, per deontologia morale,
usare volgari ed inutili surrogati quali copie oppure imitazioni per
insegnare le culture africane ai visitatori. Questi ultimi, dopo la
visita, potranno andar via dal Museo Africano di Verona pienamente
soddisfatti e con la certezza di aver acquisito un vero patrimonio
reale, composto da veri presupposti reali, convertiti in conoscenza
effettiva e non virtuale dalla splendida e luminosissima onestà
intellettuale del nostro collezionista. La statue, le maschere, i vari
oggetti d'uso e soprattutto le figure magiche, pregne di resistenza
ideologica ad ogni sorta di sincretismo a volte apparentemente adottato,
dominano, con la loro evidente autorevolezza e con la giusta
profusione del loro magico magnetismo, su tutto ciò che ricade sotto i
nostri sensi nell'ambito del corpus espositivo. In questa aura si vive
un sogno esoterico ad occhi aperti ed increduli e chiunque, anche senza
rendersene conto, diventa un adepto iniziato ad una contemplazione
orfica dell'eterno divenire, immedesimandosi per deduzione e per
emulazione simbolica nel tribalismo ancestrale della propria atavica
cultura ed in cui felicemente si immette da protagonista indossando una
maschera invisibile che lo distoglie dalla faticosa realtà.
Devo
ringraziare tutto lo staff del Museo Africano di Verona per la squisita
ospitalità riservatami e per ogni disponibilità offerta ed al quale va
il mio plauso più sincero per l'ottimo progetto didattico in atto con la
collaborazione di Fabrizio Corsi. Mi congratulo anche per il calendario
delle molteplici visite guidate nelle quali i giovani ed i profani in
genere potranno cominciare ad accumulare in modo propedeutico i più
semplici mattoni dell'informazione culturale fino ad averne una
consistente quantità ed un congruo numero tale da poter avere la
possibilità di edificare ciascuno il meraviglioso tempio della propria
impagabile conoscenza.
Per Fabrizio
Corsi, in riferimento all'adozione della frase di Thomas Stearns Eliot
“Il tempo presente e il tempo
passato sono contenuti entrambi nel tempo
futuro” ed al modo di interpretare il suo tempo che è evidente egli
aver messo a frutto, sono costretto a rubare, affinché io possa con vero
affetto inversamente dedicargli, un aforisma di Seneca: "Estremamente
breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato,
trascurano il presente, temono il futuro: giunti al momento estremo,
tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere
nulla."
Verona, 13 Novembre 2009
Marcello Lattari
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