
Voyage à Bandiagara
- recensione di Marcello Lattari -
nel momento stesso in cui mi hai consegnato il
tuo libro, dopo averlo firmato con dedica, ho subito avvertito una
gioia intima, conseguenza suggestiva di assimilazione mediante una
sorta di simbolica osmosi di passaggio della tua grande e specifica
conoscenza, che con forza magnetica invisibile penetrava
nell'anticamera del mio spirito di ricercatore e nel contempo, con
la velocità del pensiero, mi trasportava lungo il tuo percorso, nel
tempo e nello spazio, partecipandomi con simbiosi alla tua fatica,
madre di ogni tua soddisfazione.
Questa mia non può, non deve, non vuole essere
una classica recensione di maniera tal che, come un foglio affisso
in una bacheca perde la sua incisività fagocitata lentamente
dall'azione della luce che scolorisce pateticamente ogni traccia di
inchiostro, col tempo inesorabilmente si perda nel dedalo dell'oblio
o venga dimenticata in un polveroso scaffale di qualsivoglia
biblioteca.
Voglio scriverti una lettera privata ma di
pubblico dominio nella quale io possa esprimerti le mie sincere
emozioni non falsate come le esposizioni descrittive dei sentimenti
di circostanza che si usano in un tipo di letteratura imbevuta di
adulazioni diplomatiche ed esteriorità tautologiche.
Lontano nel tempo, corroborato da tutt'altra
cultura endemica della mia Terra, quella per "repetita iuvant" dei
bronzi di Riace, una piccola strada mi attrasse: quella dell'arte
africana. Avevo soltanto 25 anni di età e nella mia Calabria non
esisteva alcun libro su tale argomento: ho subito capito che questa
conoscenza mi sarebbe costata sacrifici ed ancora sacrifici.
Ed eccomi qui a Parigi, al "musée du quai
Branly", nel Salon de lecture Jacques Kerchache, presente ad
ascoltare la tua presentazione del "tuo" libro, Voyage à Bandiagara,
seduto ad una tavola rotonda assieme alla gente che veramente
"conta", per invito personale e selettivo intervenuta numerosa per
renderti il sacro e giusto onore ampiamente meritato dalla tua
dedizione e dal tuo enorme ed instancabile lavoro.
L'atmosfera è veramente magica ed il composto
bisbigliare degli ospiti ben si adatta alla grande importanza
dell'evento che si svolge in una sala dominata logisticamente dalla
presenza del prodotto artistico africano, ingombrante con la sua
mole e contemporaneamente aleggiante con la leggerezza delle forme:
un ambiente certamente proporzionato al puro significato della
presentazione del tuo grandioso Voyage à Bandiagara.
Dopo il viaggio di Louis Desplagnes en 1904-1905,
quello di Leo Frobenius tra il
1907 ed il 1909, quello di Michel Leiris nel 1931, di Denise Paulme e
Deborah Lifchitz nel 1935 ed i numerosi viaggi di Marcel Griaule
fino al 1954, oggi possiamo aggiungere anche il tuo viaggio, quello di Ferdinando Fagnola,
effettuato in più riprese nell'affascinante quanto impervio
territorio del popolo Dogon, sulle tracce dell'esploratore francese
Desplagnes, tra il 1978 ed il 2009.
Arricchiamo pertanto maggiormente la nostra
conoscenza sul Pays Dogon soprattutto ringraziando te, caro
Ferdinando, attraverso l'acquisizione delle tue esperienze che
resteranno perpetuamente presenti tra le righe di una storia scritta
di quel popolo, sublimandone la tradizione orale ed inserendone a
pieno merito gli ultimi cento anni nella storia planetaria.
Un plauso doveroso ed un pensiero riconoscente
voglio indirizzare anche all'Editore, Officina Libraria di Milano,
per la perfetta esecuzione del volume, impreziosito da una veste
professionale ben suffragata da un'ottima grafica, dal corredo di
splendide e nitide fotografie, da numerose mappe minuziose del
territorio in oggetto nonché da particolareggiate carte geografiche,
etnografiche e geodetiche che rendono il nostro libro indispensabile
per qualsiasi viaggiatore che abbia come nobile intento una
conoscenza ben approfondita della falesia di Bandiagara e non,
altresì, il superficiale desiderio di effettuare il solito viaggio
turistico organizzato, a scopo di lucro, nel territorio dogon, per
presenziare ad una danza che non possiede più nulla delle antiche
tradizioni rituali.
Dunque la lettura e soprattutto lo studio del libro è
indicato per chiunque ama non solo la cultura Dogon, la sua arte, le
maschere, le danze, i riti e ritualità, la cultura materiale, la
vita quotidiana, ma anche la geografia di un territorio il cui
fascino è stato fattore determinante di attrazione su tutti coloro i
quali si sono interessati generalmente all'Africa ed alla sua
cultura.
Nel formularti i miei più sinceri auguri per
l'indiscutibile successo del risultato del tuo lavoro, ti ringrazio
a nome degli appassionati di storia ed arte africana, certo di
interpretare la volontà, il desiderio e le emozioni di tutti, ma non
prima di esprimerti affettuosamente la mia soddisfazione per aver
avuto il privilegio di aver fatto la tua conoscenza. Spero che non
ti dispiacerà se termino con una frase di Seneca: "Non si scoprirebbe mai niente se
ci si considerasse soddisfatti di quello che si è scoperto".
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