"AFRICA
IN FORME":
continua l'esplorazione per una libera
mutazione intellettuale!
- recensione di Marcello Lattari -
L'Incontro
Mi appresto a pigiare il pulsante del citofono per
cominciare a visitare la mostra, quando una voce, con la erre francese,
chiama il mio nome: Marcello! Subito mi volto e vedo che qualcuno viene
verso di me: ciao!, sono Bruno, mi dice, sono Bruno Orlandoni. Dopo i
normali e rituali convenevoli ed aver fatto la conoscenza di un'altra squisita
persona, Walter Borella, anch'egli membro del comitato scientifico, ci
incamminiamo verso il monumentale Battistero di San Pietro ed avverto
come essere pervaso da
una splendida sensazione di ospitalità che di seguito si trasformerà in
una ferrea ed indiscussa certezza.
L'onestà intellettuale
Com'é piacevole pensare di trascorrere qualche
tempo con delle persone che hanno, nella loro essenza, il tuo stesso
indirizzo culturale! Ed è anche esaltante il pensiero che quasi sicuramente da loro
si potrà apprendere qualche
altro livello di conoscenza, ingrandendo e fortificando così la propria capacità per
la ricerca speculativa ed affilando ancor di più le armi con maestria per
combattere e certamente vincere gli evanescenti ed altrettanto falsi poteri precostituiti
in modo auto-referenziale che ordiscono trame per usurpare con fellonia l'onestà intellettuale, addomesticandola
non soltanto
"pro domo sua" per un'evidente esteriorità di comodo,
del pari al vessillo
degli ignavi, ma tentando anche di renderla effettivamente schiava di una sparuta e fatua oligarchia, bugiarda,
perfida, falsa
e menzognera soprattutto con se stessa, che boccheggia in una decadente
quanto patetica condizione simile a quella del professore avvinghiato
alla sua cattedra dopo la degradante avventura con l'angelo azzurro. Non
esiste nulla di più volgarmente e trivialmente indicibile della
condizione miserevole della parodia di un uomo che crede di essere il padrone e possessore assoluto
della verità: questi esseri umani risultano essere i peggiori nemici della intera umanità
e bisogna assolutamente dimensionarli alla loro effettiva, reale e,
purtroppo per loro, piccolissima, inconsistente ed anonima valenza
intellettiva.
Il pedigree: probabile illusione di "autenticità"
Varcato il portone d'ingresso, eccomi a contatto
visivo con l'esposizione delle opere tribali del continente africano ed
il mio desiderio di visitare la mostra sta realizzandosi nel migliore
dei modi. Opere inedite: finalmente! Che meraviglia! Quale rara
occasione! Il primo pensiero corre immediatamente all'uso improprio che
si fa del vocabolo "autenticità". E' ormai una "verità" marchiata Friedrich W. Nietzsche (La verità è un esercito in movimento di
metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve, una somma di relazioni
umane che sono state poeticamente e con retorica ingigantite,
trasposte, ingioiellate e che, per essere state usate a lungo, appaiono
ad un popolo salde, canoniche e vincolanti. Le verità sono illusioni di
cui si è dimenticato che sono tali.) quella di usare il termine
"autentico" per definire un "originale". La parola "autentico"
presuppone l'attribuzione certa ad un singolo autore, come per esempio
nell'arte africana, al maestro di Buli e non ad un popolo intero.
Finiamola con la decadenza linguistica! E non è certamente un "pedigree"
che equivale ad una firma autografa; anzi normalmente i classici
pedigree nel tempo sono stati "con retorica ingigantiti, trasposti,
ingioiellati e che, per essere stati usati a lungo, appaiono ad un
popolo saldi, canonici e vincolanti" ed invece possono essere soltanto
delle illusioni di "autenticità" per chi non ha la facoltà di avere una
propria convinzione derivante da uno studio serio di ricerche,
comparazioni, analisi, esperienze ottenute con enormi sacrifici e con il
trascorrere delle notti insonni intento a studiare. Inoltre il termine
inglese "pedigree" si traduce in italiano "di razza": vogliamo, dunque,
promulgare anche per i manufatti artistici africani le leggi razziali?
Tutto ciò, per un vero studioso, risulta ridicolo e lascio volentieri
l'utilizzazione ad hoc di questo simpatico e strano vocabolo
zoologico inglese a tutti i mercanti come spalla a cui appoggiarsi per
supportare una richiesta più esosa e remunerativa nella trattativa di
vendita ad una persona che voglia
effettuare degli investimenti, travestita e pateticamente mascherata da
collezionista di "oggetti d'arte".
Il Comitato Scientifico
Guardo a destra ed a manca. Sono leggermente e
piacevolmente confuso.
Ammiro l'insieme dell'esposizione nella splendida cornice della
maestosità del Battistero, incredibile contenitore anacronistico e
tuttavia intriso di simbiosi mutualistica compatibile, eccezionale
fusione dell'universalità dell'Arte nel Tempo e nello Spazio. La
scenografia è perfetta ed un'atmosfera satura di ieraticità, direi
"egiziana", riesce a corrompere la mia razionalità e colpisce al cuore il
mio "nyama" tanto da trasformarmi in un Cavaliere Rosacroce per
cavalcare le onde del Tempo ed immedesimarmi comparativamente nella
contemporaneità e nel nostro
Neolitico. Sull'origine tribale delle opere esposte, come anche sulla
loro valenza artistica, sarebbe fuori luogo e non oggettivo ogni mio
commento, dato il brevissimo lasso di tempo a disposizione veramente
insufficiente per ogni analisi approfondita, essendo
evidente l'autorevolezza del Comitato Scientifico della mostra che non ha certamente alcun bisogno di
essere corroborato dalla mia disamina, critica ed approvazione ed ho
enorme piacere, altresì, di elencare immediatamente il suddetto Comitato:
Gian Luigi Bravo - docente di
Antropologia Culturale, Università di Torino -
Walter Borella - esperto di Arte
Africana -
Renato Capra - esperto di Arte
Africana -
Ottavio Coffano - docente di
Scenografia e di Letteratura e Filosofia del Teatro, dell'Accademia
Albertina delle Belle Arti di Torino -
Guido Curto - docente di arte e
direttore dell'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino -
Pier Carlo Grimaldi - docente di
Antropologia, Università di Scienze Gastronomiche, Pollenzo - Bra -
Gian Luigi Nicola - docente di
Conservazione e Restauro, dell'Accademia Albertina delle Belle Arti di
Torino -
Bruno Orlandoni - docente di Storia
dell'Arte -
Beppe Rovera - giornalista RAI -
Alberto Salza - antropologo sul campo,
comitato scientifico del Centro Studi Africani del Piemonte -
La mia ammirazione ed il mio plauso al Comitato
Scientifico significano soltanto una modesta cornice che inghirlanda la
sua ben più importante consistenza, serietà, rispettabilità ed
autorevolezza: attributi che oggettivamente, logicamente e
scientificamente sono e resteranno indiscutibili.
La visita
Inizio a camminare lentamente e, come è mia
consuetudine, in senso antiorario, per meglio assaporare la graduazione
dell'esplorazione del pari ad un mistico iter di iniziazione. Infatti
l'atmosfera lo permette e, nella disposizione eclettica delle opere
esposte, si viaggia non in reparti o settori tribali resi contigui dalla
convenzionale razionalità, bensì nella assoluta situazione del caos
primordiale, dove il visitatore è libero di esercitare il diritto
all'uso del proprio intelletto, avendo l'opportunità e la facoltà di
utilizzare la propria intuizione per assorbire dalla splendida,
interessantissima ed anche bellissima esposizione qualsivoglia
insegnamento tacito,segreto o misterioso che, recepito, diventa
magistralmente loquace. Nell'osservare gli stilemi, si spazia dal puro "astrattismo" del Sudan
Occidentale al "naturalismo" della Costa d'Avorio e dell'area propria
del Golfo di Guinea; dall' "eclettismo nigeriano" all' "arte religiosa e
del culto dei morti" degli 'Mbete del Gabon: ed il tutto viene miscelato
con l'area del Congo tanto da diventare, per affinità elettive, un
composto irreversibile. Richiamarsi ad una singola opera è impossibile,
perchè in tal guisa si renderebbe ingiustizia e si sminuirebbe la
ricchezza di informazioni da interpretare che hanno tutte le altre opere esposte. Pertanto ritengo che, come
in ogni collezione che si rispetti riescano a "convivere" opere di
diverso livello artistico e di differente anzianità, in una esposizione come "Africa in Forme" non
sia stato errato eseguire un'idea di una sorta di "reale cosmopolitismo
africano", a mio avviso utilissimo, didattico e straordinariamente
efficace per offrire al visitatore un argomento di verifica e di
paragone con i propri indici di valutazione. A volte un'eccezionale
opera d'arte si valorizza maggiormente allo sguardo del fruitore se
nelle immediate vicinanze è collocato un oggetto di mediocre valore
artistico: il paragone verrà spontaneo ed il giudizio che ne scaturirà,
da un convincimento di pura comparazione e derivante da logica
deduttiva, sarà sicuramente oggettivo.
Conclusione
Alla fine di qualunque scritto si arriva alla
inesorabile conclusione. E' sempre triste "concludere". Quando si chiude
una parentesi è come se si estinguesse un ciclo della memoria con la
relativa paura di perderla definitivamente. Ma è proprio così che è nato
il Culto degli Antenati: custodire sempre accesa la fiaccola della
Memoria. Mai nessuna cosa al mondo morirà o si estinguerà realmente fin
quando se ne avrà il ricordo. Nella mia fiera e martoriata Calabria, nel
saggio linguaggio popolare, quando si racconta di una persona morta, si
usa dire queste parole: "la felice memoria di mio padre"! E mio padre
vive ancora oggi, al mio fianco, come colonna dorica a cui appoggiarmi,
perchè non è mai stato dimenticato. La nostra mostra chiude il 6 Agosto
2008 e, con la sua conclusione, darà origine ad un nuovo e più selettivo ciclo, innanzi
tutto facendo germogliare il seme di una vera e reale interpretazione
intellettuale dell'Arte Africana, nella sua naturale collocazione di
libertà, e poi scacciando subito i vari cuculi, sia venali che
vanagloriosi, i quali, indegnamente e proditoriamente, lottano per
usurparne, con trasformismo di maniera, il posto e la sede.
Ringrazio tutti gli organizzatori della mostra ed in
modo particolare il dott. Bruno Orlandoni, il dott. Walter Borella ed il
dott. Renato Capra, meravigliosi ospiti, con i quali ho avuto occasione
di stabilire un contatto diretto; altresì mi auguro di instaurare anche
con tutti gli altri membri e componenti del Comitato Scientifico un
rapporto di seria e fattiva collaborazione, sempre e comunque, facendo
grande tesoro degli eventuali errori commessi, per far sì che ne risulti una
vera e reale interpretazione intellettuale dell'Arte Africana.
Asti, 22 Luglio 2008
Marcello Lattari
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