I “Soli Dogon” del
Mali
- Pierluigi Peroni -
Si tratta di pendenti
africani in bronzo molto rari, realizzati con la tecnica della fusione a
cera persa dalle popolazioni Dogon del Mali. La loro funzione è per il
momento ancora sconosciuta, anche se si pensa che fossero indossati solo
dai capi e dalle persone di rango. Di per certo sono oggetti di
indiscutibile bellezza, anche se poco diffusi e di difficilissima
reperibilità, soprattutto quando si tratta di pezzi autentici, datati e
di alta qualità.
Per chi volesse
cercare di acquistare qualche “Sole” esistono due uniche possibilità: o
recarsi in Africa presso le tribù Dogon, soprattutto in Mali ma anche in
Burkina Faso, oppure rivolgersi a qualche gallerista di arte primitiva ed etnica. In entrambi i casi non sarà comunque facile trovare questi gioielli,
trattandosi di oggetti estremamente rari.
I Dogon costruiscono
ancora oggi questi pendenti, soprattutto per compiacere la domanda
turistica, e qualche volta è possibile trovare esemplari nuovi, o anche
“anticati” ad arte.
Non è possibile
quantificare un “prezzo” vero e proprio per tali pendenti, dal momento che
si tratta di oggetti assai rari, sconosciuti alla maggior parte degli
amanti dell’arte africana e poco collezionati, almeno fino ad oggi.
Acquistai il mio primo
“Sole Dogon” nel 1998, in modo del tutto occasionale, anche se con la
solita ed intensa passione che ha sempre contraddistinto la mia vita e, di
conseguenza, tutte le mie collezioni. Ricordo che vidi questo oggetto
misterioso nella vetrina di una galleria di Parigi. Non sapevo di cosa si
trattasse, ma ne fui folgorato e subito decisi che quel pezzo doveva
essere mio, ad ogni costo. Il negozio sarebbe stato chiuso tutto il
giorno; io dovevo rientrare in Italia quella stessa sera, ma senza
esitazione decisi di prolungare il mio soggiorno fino all’indomani. Avevo
infatti notato altre due persone interessate davanti a quella vetrina.
Temevo che sarebbero stati dei possibili acquirenti del “mio” oggetto
misterioso e volevo essere sicuro di accaparrarmi quel pezzo, senza il
rischio di essere anticipato da loro o da altri. Riuscii nel mio intento e
quindi ritornai a casa fiero e contento, continuando a maneggiare e
rimaneggiare quel magnifico pendente, senza mai separarmene. Lo collocai
bene in vista sulla mia scrivania, davanti a me, e subito compresi che la
molla della collezione era nuovamente scattata. Ero rimasto troppo
affascinato dall’oggetto: sia per la sua straordinaria bellezza, sia per
il mistero della sua funzione che il mercante parigino, nonostante le
spiegazioni, non era riuscito a chiarirmi. Decisi quindi di ricercare
altri esemplari ed incominciai una “caccia ai Soli” spasmodica ed
appassionata, sia in Europa che in Africa. E’ stato tutt’altro che facile
trovare pezzi belli, autentici, antichi e differenti nelle tipologie; ma
nel corso di questi anni sono riuscito a raccogliere parecchi esemplari
significativi e penso di avere creato una collezione discretamente
importante e rappresentativa.
Questi Soli sono oggetti in bronzo e leghe
varie, costruiti dai Dogon del Mali, con la tecnica della fusione a cera
persa.
Nessuno ha saputo ancora spiegare che cosa
essi rappresentino esattamente. Nemmeno i più grandi esperti e galleristi
di arte africana mi hanno saputo dire, con certezza, chi porta questi
gioielli e che funzione abbiano; spesso ognuno di questi studiosi ha una
sua teoria particolare, quasi sempre diversa da quella dei colleghi.
Occorre anche dire che i testi che hanno trattato i Soli Dogon sono
pochissimi: sono al massimo cinque o sei libri che hanno dedicato
a questi gioielli una sola foto e una brevissima descrizione.
Quello che si sa è che sono sicuramente dei
pendenti, ma al di là di questa generica considerazione le teorie sono
varie e diverse.
C’è chi li chiama “Soli Dogon” e chi li
chiama “Collane del Dio”. Chi perfino afferma che questi oggetti non
vogliono simboleggiare il sole, ma che si tratta di ornamenti senza
valenze simboliche.
Alcuni
studiosi correlano il significato di questi gioielli alla conoscenza che i
Dogon avevano dell’astronomia e attribuiscono ad essi una funzione
funeraria. Questo popolo considerava il sole come il re dei pianeti e come
dimora eterna degli uomini dopo la morte. Secondo questa teoria i pendenti
venivano appoggiati sul petto del defunto prima della sua sepoltura, per
aiutare la sua anima a raggiungere il sole, quindi la pace eterna.
Un’antica leggenda
fornisce invece un’altra spiegazione. Essa racconta che un tempo il cielo
era molto vicino alla terra e che c’erano ben dieci soli. Un giorno, un
cacciatore lanciò le sue frecce contro i soli, uccidendone nove. Una
variante della leggenda parla di un cacciatore crudele che fece questo
gesto per cattiveria. Un’altra variante spiega invece che si trattava di
un cacciatore buono che agì in tale senso poiché tutti quei soli creavano
siccità ed una calura irrespirabile. Ma in entrambi i casi la leggenda è
concorde nel dire che il decimo sole, sfuggito al massacro, si nascose, e
che arrivò una notte senza fine, con freddo e piogge incessanti. Senza
luce le coltivazioni deperirono ed il freddo divenne insopportabile. I
Dogon quindi si riunirono e indirizzarono preghiere e sacrifici al sole,
perché riapparisse. Egli si impietosì e tornò a brillare nel cielo. Fu per
ringraziarlo e commemorare l’avvenimento, e per suggellare l’alleanza col
sole, che un fabbro forgiò questo gioiello simbolico, che poi entrò per
sempre nella tradizione del popolo Dogon.
Questa leggenda parrebbe essere il vero
motivo al quale sono legati i primi Soli. Ma la reale spiegazione della
funzione di questi oggetti è ancora incerta e non chiarita, anche se tutti
gli studiosi concordano almeno nel dire che essi sono appannaggio solo dei
capi villaggio, dei notabili e forse anche delle donne di alto rango.
Osservandoli a prima
vista, i Soli Dogon sembrerebbero tutti uguali. Se però ci si sofferma e
li si guarda attentamente uno ad uno, si scopre che in realtà sono tutti
diversi tra loro e a volte presentano notevoli ed importanti differenze:
forma, dimensione, spessore, tipo di lavorazione, decorazione, peso, grado
di usura, colore, patina, etc.
La loro forma è
generalmente circolare anche se diventa ellittica in alcuni rari
esemplari.
Sono quasi tutti
costruiti con due “ruote” di raggi: una, quella più decorativa, che
costituisce la parte anteriore del pendente, ed un’altra sul retro, che in
pratica è quella “strutturale”. Queste due raggiere sono unite tra loro da
un anello centrale e, alle estremità dei raggi, da una intelaiatura di
segmenti orizzontali, in pratica il prolungamento dei raggi stessi, che
costituisce lo spessore del pendente.
Dall’anello centrale si diramano numerosi
raggi, quasi sempre lavorati e incisi, che possono variare da 12 a più di
40.
Sul lato anteriore, la parte terminale di
ogni raggio è spesso rifinita con una decorazione a rosetta con motivi a
spirale. La parte posteriore, per contro, si distingue perché i raggi sono
normalmente privi della rosetta, essendo uniti uno all’altro alla
circonferenza con un sottile profilo, che fa da perimetro esterno alla
raggiera posteriore.
Nella zona superiore uno o due raggi sono
assenti, o troncati, per lasciare il posto alla striscia di pelle che
forma l’asola che permette il passaggio della collana o del laccio per
indossarli. Sono comunque pochi gli esemplari che ancora conservano la
striscia di pelle originale. Spesso essa veniva sostituita quando quella
in uso si rompeva o era troppo consunta. Quindi in molti casi il cinturino
è di epoca più recente rispetto al pendente, il più delle volte del tutto
mancante.
Il
diametro esterno dei Soli può variare da 4 a 10 centimetri, anche se la
maggior parte dei pezzi ha una misura di circa 6-7 centimetri.
Il loro
spessore è di norma intorno ai 12-15 millimetri.
A volte questi gioielli sono abbelliti da
ornamenti, come conchigliette o strisce di tessuto. In alcuni casi a
questi pendenti veniva aggiunta una sagoma in pelle, grande come tutto il
pendente e cucita sul suo retro, per evitare che il metallo sfregasse
direttamente su chi lo indossava. In rarissimi casi veniva loro applicata
una “fodera” posteriore in bronzo, quasi un pannello a chiusura completa e
totale della parte posteriore del gioiello.
La datazione certa del bronzo è difficile da
stabilire. La probabile anzianità degli esemplari di scavo e di quelli più
datati dovrebbe risultare compresa tra il XVI° ed il XIX° secolo. I Dogon
continuano comunque ancora oggi a fabbricare nuovi Soli, sia per loro uso
personale che per compiacere la domanda “turistica”. Quindi accanto ai
pezzi d’epoca si possono trovare oggetti recenti, a volte anche di fattura
e design molto belli.
Lo studio di questi pendenti è ancora tutto
da scrivere.
Io personalmente sto cercando di raccogliere
il maggior numero di dati sull’argomento, sia in Europa che in Africa.
Da
qui il concreto e pressante invito a chiunque, dovunque nel mondo, voglia
contribuire a scrivere questo inedito capitolo.
Ben vengano quindi notizie
fondate, informazioni, fotografie e documentazioni di ogni genere, da
chiunque abbia la possibilità di darle.
Prego pertanto tutti gli
appassionati di contattarmi via e-mail nel caso in cui avessero pezzi o
informazioni interessanti, e nel caso in cui volessero condividere con me
questa grande passione per i “Soli Dogon”.
Gennaio 2006
Pierluigi Peroni
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